Le bisacce dei Cavalieri del Rosario
Le Fonti di sussitenza nelle zone del deserto e nelle zone aride sono indispensabili da portare sul cavallo tramite le bisacce.
Le Fonti della nostra Fede Cristiana e Cattolica sono il bagaglio che ci occorre nella vita.
Le nostre fonti principali sono la Sacra Scrittura, i Santi Padri, la Liturgia e il magistero della Chiesa» (CCC 11):
1) LA SACRA SCRITTURA:
La Bibbia è composta di 73 Libri di Parola di Vita; 46 Libri di Antico Testamento; 27 Libri di Nuovo Testamento-
ANTICO TESTAMENTO: 46 LIBRI
- Pentateuco: 5 libri
- Storici : 16
- Sapienziali: 7
- Profetici: 18
NUOVO TESTAMENTO: 27 LIBRI
- Vangeli: 4 Libri
- Atti degli Apostoli: 1 libro
- Lettere di S. Paolo: 14 libri
- Lettera di S, Giacomo: 1 libro
- Lettere di S. Pietro; 2 libri
- Lettere di S. Giovanni: 3 libri
- Lettera di S. Giuda: 1 libro
- Apocalisse: 1 libro
2) I SANTI PADRI
Padri della Chiesa sono quegli scrittori ecclesiastici antichi che, avendo responsabilità pastorali - molti di essi erano Vescovi -, attraverso la predicazione e gli scritti influirono con decisione sia sugli sviluppi della dottrina cristiana, sia sulla formazione del costume cristiano. Si tratta quindi di personaggi particolarmente autorevoli, le cui opinioni fanno testo in materia di fede.
I padri più autorevoli ebbero anche il titolo di Dottori della Chiesa, che di per sé non richiede l'antichità ma richiede invece una erudizione eminente e il riconoscimento esplicito da parte della Chiesa.
Due discipline studiano la produzione dei Padri della Chiesa: la patrologia, si concentra sugli aspetti storico-letterari, mentre la patristica di quelli teologico-dottrinali. Gli scritti dei Padri della Chiesa costituiscono la letteratura patristica.
3) LA LITURGIA:
(CCC 1066-1070)
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), dopo la professione di fede, sviluppata nella prima parte, si passa alla spiegazione della vita sacramentale, nella quale Cristo è presente, attua e continua l'edificazione della sua Chiesa. Infatti, se nella liturgia non emergesse la figura di Cristo, che è il suo principio ed è realmente presente per renderla valida, non avremmo più la liturgia cristiana, completamente dipendente dal Signore e sostenuta dalla sua presenza.
Quindi, esiste un rapporto intrinseco tra fede e liturgia, entrambe sono intimamente unite. In realtà, senza la liturgia e i sacramenti la professione di fede non avrebbe efficacia, perché mancherebbe della grazia che sostiene la testimonianza dei cristiani. E «dall'altra parte, l'azione liturgica non può mai essere considerata genericamente, a prescindere dal mistero della fede. La sorgente della nostra fede e della liturgia eucaristica, infatti, è il medesimo evento: il dono che Cristo ha fatto di se stesso nel Mistero pasquale» (Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, 34).
Se apriamo il Catechismo nella sua seconda parte, si legge che la parola "liturgia" significa originariamente «servizio da parte del popolo e in favore del popolo». Nella tradizione cristiana vuole significare che il Popolo di Dio partecipa all'«opera di Dio» (CCC, 1069).
In che cosa consiste questa opera di Dio alla quale noi partecipiamo? La risposta del Catechismo è chiara e ci permette di scoprire l'intima connessione esistente tra fede e liturgia: «Nel Simbolo della fede, la Chiesa confessa il mistero della Santa Trinità e "il mistero della sua volontà, secondo [...] la sua benevolenza" (Ef 1,9) su tutta la creazione: il Padre compie il "mistero della sua volontà" donando il suo Figlio diletto e il suo Santo Spirito per la salvezza del mondo e per la gloria del suo Nome» (CCC, 1066).
Infatti, «quest'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell'Antico Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore, specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione» (CCC, 1067). È questo il mistero di Cristo che la Chiesa «annunzia e celebra nella sua liturgia, affinché i fedeli ne vivano e ne rendano testimonianza nel mondo» (CCC, 1068).
Per mezzo della liturgia «si effettua l'opera della nostra redenzione» (Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 2). Pertanto, come fu inviato dal Padre, Cristo ha inviato gli Apostoli a predicare la redenzione e ad «attuare l'opera di salvezza che annunziavano, mediante il sacrificio e i sacramenti attorno ai quali gravita tutta la vita liturgica» (ibid., 6).
Così vediamo che il Catechismo sintetizza l'opera di Cristo nel mistero pasquale, che è il suo nucleo essenziale. E il nesso con la liturgia è ovvio, poiché «attraverso la liturgia Cristo, nostro Redentore e Sommo Sacerdote, continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l'opera della nostra redenzione» (CCC, 1069). Quindi, questa «opera di Gesù Cristo», perfetta glorificazione di Dio e santificazione degli uomini, è il vero contenuto della liturgia.
Questo è un punto importante perché, sebbene l'espressione e il contenuto teologico-liturgico del Mistero pasquale dovrebbero ispirare lo studio teologico e la celebrazione liturgica, non è sempre stato così. Infatti, «la maggior parte dei problemi collegati all'applicazione concreta della riforma liturgica ha a che fare con il fatto che non è stato tenuto sufficientemente presente il peso dato dal Concilio Vaticano II alla Pasqua [...]. Pasqua significa inseparabilità della Croce e della Risurrezione [...]. La Croce sta al centro della liturgia cristiana, con tutta la sua serietà: un ottimismo banale che nega la sofferenza e l'ingiustizia nel mondo e riduce l'essere cristiani all'essere cortesi non ha nulla a che fare con la liturgia della croce. La redenzione è costata a Dio la sofferenza di suo Figlio, la sua morte, e l'"exercitium" della redenzione, che, secondo il testo conciliare, è la liturgia, non può avvenire senza le purificazioni e le maturazioni che vengono dalla sequela della croce» (J. Ratzinger / Benedetto XVI, Teologia della liturgia, LEV, Città del Vaticano 2010, pp. 775-776).
Questo linguaggio si scontra con quella mentalità incapace di accettare la possibilità di un reale intervento divino in questo mondo, in soccorso dell'uomo. Quindi, «la confessione di un intervento redentore di Dio per cambiare questa situazione di alienazione e di peccato è vista da quanti condividono la visione deista come integralista, e lo stesso giudizio è dato a proposito di un segnale sacramentale che rende presente il sacrificio redentore. Più accettabile, ai loro occhi, sarebbe la celebrazione di un segnale che corrispondesse a un vago sentimento di comunità. Il culto però non può nascere dalla nostra fantasia; sarebbe un grido nell'oscurità o una semplice autoaffermazione. La vera liturgia presuppone che Dio risponda e ci mostri come possiamo adorarlo. "La Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel sacrificio della Croce" (Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, 14). La Chiesa vive di questa presenza e ha come ragion d'essere e di esistere quella di diffondere tale presenza nel mondo intero» (Benedetto XVI, Discorso del 15.04.2010).
Questa è la meraviglia della liturgia che, come ricorda il Catechismo, è culto divino, annuncio del Vangelo e carità in azione (cf. CCC, 1070). È Dio stesso che agisce e noi siamo attratti da questa sua azione, per essere trasformati in Lui.
4) IL MAGISTERO DELLA CHIESA CATTOLICA (CONCILI, ENCICLICHE, LETTERE ED ESORTAZIONI APOSTOLICHE, CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA; COMPENDIO
DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
)
https://www.vatican.va/content/vatican/it.html/
https://www.chiesacattolica.it/
https://www.educat.it/catechismo_chiesa_cattolica/
Magistero è tutto l'insegnamento della Chiesa; con esso la Chiesa conserva e trasmette attraverso i secoli il deposito della fede, ossia il contenuto della Rivelazione. Fondamentalmente, tutto il popolo di Dio è tenuto a custodire, difendere e propagare il deposito della fede, indipendentemente da qualsiasi umana potestà (Codice di Diritto Canonico, canone n.747), essendo compito della Chiesa intera, quindi anche dei laici, annunciare il Vangelo della salvezza a tutte le genti.
Il Magistero ecclesiastico è, nella Chiesa cattolica, la dottrina universale che essa ha diritto e dovere di insegnare per mandato divino, quindi l'istruzione dei fedeli intorno alla verità rivelata da Cristo e la sua trasmissione a tutti gli uomini. Soggetti del magistero ecclesiastico autentico sono il Romano Pontefice come capo del collegio episcopale o il Collegio dei Vescovi in unione e sotto il Papa. Essi detengono la responsabilità primaria di istruire il popolo di Dio sui contenuti della morale e della fede cristiana, nonché di promuoverne l'annuncio in tutto il mondo attraverso opportuni piani missionari e pastorali.
Il magistero della Chiesa riguarda tutti gli ambiti della vita. In particolare, dalla fine del 1800 in poi, si è sviluppato un Magistero sociale della Chiesa in difesa della dignità della persona.
Il magistero può essere ordinario o straordinario.
Il magistero ordinario
Il
magistero ordinario è la modalità normale con cui la Chiesa comunica il
suo insegnamento: esso è quello per il quale Papa e Vescovi si
esprimono per via consueta sulla fede e sui costumi, senza che le loro
asserzioni abbiano carattere definitivo o di infallibilità. È il caso,
per esempio, delle Lettere Encicliche, delle Esortazioni apostoliche o
dei Motu proprio o anche dei Discorsi o predicazioni ordinarie che da
parte dei fedeli si è tenuti ugualmente a seguire.
I
singoli Vescovi, ciascuno nel proprio territorio pastorale o riuniti in
assemblea, pur non detenendo potere di infallibilità (che non si dà mai
in assenza del Pontefice) hanno tuttavia autorità quanto al magistero
ordinario perché pastori del gregge e tutori della fede cristiana.
Il magistero straordinario
Il magistero straordinario, invece, consiste in una proclamazione ex cathedra del Papa o di un Concilio unito e sotto al Papa, consiste cioè in una dichiarazione ufficiale e solenne, la quale definisce una verità di fede di natura dogmatica. Tale pronunciamento si svolge secondo le forme dettate dal dogma dell'infallibilità papale.
Il magistero infallibile
Si parla di Magistero infallibile quando l'autorità suprema della Chiesa si pronuncia in modo definitivo sui contenuti della fede e della verità da accettarsi, in virtù del mandato scaturente al Papa dal Vangelo di essere successore del primo apostolo, nonché primo pastore che conferma i fratelli nella fedeltà alla Parola di Dio. L'atto di definizione è infallibile in quanto nella sua elaborazione non può mancare l'assistenza dello Spirito Santo.
Anche il Collegio dei Vescovi può godere di infallibilità magisteriale quando tutti i suoi membri sono riuniti in particolari assemblee sotto l'autorità del Papa, quali il Concilio ecumenico o il Sinodo e prendono deliberazioni dottrinali nella piena comunione fra di loro e con il Pontefice.
Secondo le definizioni del Concilio Vaticano I è infallibile quindi sia il Magistero ordinario universale, quando cioè una dottrina è insegnata costantemente da tutti i vescovi sparsi nel mondo, sia il Magistero straordinario: tanto quello straordinario del Papa, come detto sopra, quanto quello straordinario di un Concilio ecumenico unito al Papa.
Per avere il requisito dell'infallibilità, il Papa deve dichiarare pubblicamente che vuol definire una dottrina e vuol vincolare la fede di tutta la Chiesa. Il Magistero non è da ritenersi infallibile quando questo non consti in modo manifesto (Codice di Diritto Canonico, canone n. 749, 3), ossia quando non vi siano le disposizioni canoniche per le quali si può affermare tale l'infallibilità; per conseguenza possono darsi casi in cui un Papa, non intendendo pronunciarsi con proclamazione ufficiale -benché pubblica- potrebbe cadere in errore in materia di fede. Nel caso di Magistero infallibile si ha da parte del fedele l'obbligo morale di acconsentire ai contenuti della fede enunciata dal Romano Pontefice, dandovi immediato assenso.